Ottimismo e valori come fondamenta della Grande Muraglia Verde per fermare la desertificazione sotto il Sahara
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Fiamme, fuoco, fumo. Un albero si schianta a terra alzando guizzi di scintille. Il fumo nell’aria secca lascia intravedere solo le sagome degli alberi, immagini di torce tremolanti al calore che sprigionano. Fuoco crepitante sulle chiome e fuoco sulle foglie a terra. Il sole si eclissa dietro a una nuvola nera di disperazione, dai contorni sempre più cupi.
Basta parlare di deforestazione e di incendi in Amazzonia o virus usciti dalle foreste per calare la mannaia sulla gola dell’ottimista pappagallo che ripete “C’è ancora tempo per cambiare!” come fosse un mantra per autoconvincersi. Ma lasciate che vi blocchi il polso già alzato, e vi accompagni un momento dietro la nuvolaglia di fatalismo, per vedere cosa succede nel mondo, oltre alle notizie che leggiamo spesso sui giornali. Perché certo, l’Amazzonia brucia e la deforestazione prosegue, ma non ci sono solo ‘brutte notizie’.
La nuova Meraviglia verde
La Grande Muraglia Verde è un’iniziativa dell’Unione Africana per rendere verde e produttivo il suolo sul confine sud del Sahara, la regione del Sahel: una Muraglia di 8000 chilometri e larga almeno 15, che taglia tutta l’Africa, dalle coste del Gibuti sul mar Rosso a est fino alle coste atlantiche del Senegal a ovest; una Muraglia forse costruita per la maggior parte in legno, visto che moltissimo è affidato a progetti di riforestazione. Fra gli alberi però vengono coltivati anche antichi cereali per assicurare la sicurezza alimentare della popolazione e diversificare l’economia locale.
Oltre la Muraglia
La Muraglia rappresenta un modo innovativo di conservazione degli ambienti naturali: invece di costruire una muraglia intorno ad aree naturali ancora intatte, la Muraglia ripristina – restore – gli ecosistemi degradati dalle attività umane, come la deforestazione e l’eccessivo pascolamento a sud del Sahara. Generalmente l’obiettivo del ripristino di ecosistemi è quello di riabilitare i servizi che l’ecosistema offre all’ambiente e alle persone: si piantano alberi lungo la Muraglia per avere frutti, legna, foglie per il bestiame, riparo dal sole, e soprattutto più acqua nel suolo contro la desertificazione. L’approccio di ripristino si può applicare anche ad altri ecosistemi degradati, come fiumi inquinati o terreni a lungo coperti da cemento.
Certo, il ripristino di ecosistemi forestali è interessante perché ripristina anche l’ecosistema di attività economiche legate alla foresta: contadini, allevatori, falegnami, e molti altri lavori.
La collaborazione fra settori economici rappresenta anche una promessa per le generazioni future: le persone che stanno piantando alberi oggi promettono ai posteri un suolo fertile per pascoli e alberi, impegnandosi in un’economia sostenibile per l’ambiente e in grado di non far tornare la desertificazione.
Infine, la Muraglia è un’occasione per undici Paesi confinanti di collaborare e creare partnership che potranno durare anche dopo aver completato la Muraglia: un esempio in cui il tempo degli indugi nelle scelte è finito e si è già passato ai fatti. Fatti e risultati stanno interessando anche molti altri Paesi africani e non africani con problemi di desertificazione, per i quali la Muraglia può essere appunto un’ispirazione, come per l’Italia.
Il forte interesse africano e internazionale nella Muraglia ha entusiasmato moltissime persone e sta generando altrettante iniziative più piccole ma che seguono lo stesso approccio di ripristino degli ecosistemi naturali. La Muraglia è così diventata il simbolo di una natura che non è andata perduta ma che l’uomo stesso può aiutare a far ritornare.
È chiaro che la Grande Muraglia Verde non nega la crisi climatica in corso, gli incendi e la deforestazione. La Muraglia però ricorda che si possono trovare numerose iniziative che hanno accettato la sfida di fermare la crisi climatica. Queste iniziative non stanno solo ripristinando gli ecosistemi ma stanno ripristinando anche una relazione uomo-natura positiva per entrambi. Così, le mani di queste iniziative hanno come liberato il pappagallo dell’ottimismo e lo hanno lasciato volare fra le chiome dei nuovi alberi piantati.

Immagine tratta dal Great Green Wall